Intolleranze alimentari: facciamo chiarezza!

Le intolleranze alimentari sono delle reazioni avverse ad un alimento, che si presentano nella maggior parte dei casi con disturbi intestinali (dolore addominale, meteorismo, nausea, vomito) e sono legate alla quantità dell’alimento assunto.
Meno frequentemente possono essere coinvolte la cute e le mucose, con comparsa di rush eritematoso, prurito ed orticaria; oppure, ancor più raramente, possono presentarsi difficoltà respiratorie, alterazioni della pressione sanguigna, sincope e cefalea. 

Le manifestazioni cliniche di intolleranza alimentare sono meno gravi rispetto a quelle tipiche delle allergie alimentari: infatti, i soggetti allergici possono sviluppare uno shock anafilattico sino alla morte.

La maggior parte delle intolleranze è dovuta alla carenza di enzimi, ovvero le proteine del corpo che degradano gli alimenti. Tra le più comuni ci sono l’intolleranza al lattosio ed al fruttosio: entrambe vengono evidenziate con il Breath test, in cui si analizza l’espirato dopo aver ingerito un bolo di lattosio o fruttosio.
Un’altra forma di intolleranza è il favismo, in cui anche la semplice inalazione di alcuni alimenti (fave, vino rosso, legumi ed alcuni farmaci) causa gravi casi di emolisi acuta e ittero: la diagnosi viene qui fatta con diversi test che valutano la funzionalità dell’enzima (ad es. il Fluorescent spot test) oppure con un test genetico. 

Esiste anche l’intolleranza all’alcol (molto diffusa nel mondo asiatico) in cui, a causa della carenza dell’enzima aldeide deidrogenasi, il contatto con alcol può provocare un accumulo di acetaldeide e arrossamento del viso (flushing): in questo caso, ci si può basare sui sintomi oppure fare diagnosi con un test genetico.

Inoltre, esistono delle forme di intolleranza dovuta alla presenza di alcune sostanze negli alimenti (ammine biogene o vasoattive) quali istamina (vino; pomodori; alimenti in scatola; sardine filetti d’acciuga; formaggi stagionati), tiramina (formaggi stagionati; vino; birra; lievito di birra; aringa), serotonina (banane; pomodori), solanina (patate), feniletilamina (cioccolato), teobromina (thè e cioccolato) ecc. La loro casuale ingestione causa sindromi gravi, non individuabili mediante i test poiché legate all’ingestione di alimenti che contengono questi “contaminanti”, e che possono far scaturire quadri clinici severi sino alla morte.

Ancora, ci sono delle intolleranze dovute alla presenza di additivi come benzoati, nitriti, nitrati, solfiti o glutammato di sodio, che in grado di causare differenti sintomatologie.

Merita citazione a parte la malattia Celiachia, indicata impropriamente come intolleranza al glutine in quanto, nel quadro clinico, interviene il sistema immunitario che causa una reazione auto-immune contro il tratto gastrointestinale provocando malassorbimento e atrofia del villi.

Il test per la celiachia riguarda la ricerca di anticorpi nel sangue (anticorpi IgA anti-transglutaminasi, anti-gliadina e anti-endomisio) e, qualora risultasse positivo, bisognerà procedere con una gastroscopia di conferma.

***In questo caso, è fondamentale non eliminare il glutine prima di fare le analisi***

Esiste anche la Non-Celiac Gluten Sensitivity (NCGS), riconosciuta come una nuova condizione clinica caratterizzata da manifestazioni cliniche intestinali ed extraintestinali (diarrea, gonfiore, dolore addominale, dolori articolari, depressione, annebbiamento mentale, emicrania) che insorgono tempestivamente dopo l’ingestione di alimenti contenenti glutine, e che scompaiono altrettanto rapidamente a dieta aglutinata in pazienti non affetti da celiachia o da allergia al frumento IgE mediata: per questa forma, ancora non esiste un test in grado di diagnosticarla.

Purtroppo esistono molti test in commercio per le intolleranze, ma solo alcuni di questi sono validati. Ecco una tabella che può esservi d’aiuto (fonte SINU):

Quindi, cosa bisogna fare se si ha il sospetto di intolleranza?

  • rivolgersi ad uno specialista di fiducia e competente, che possa consigliare il giusto test; 
  • non eliminare il glutine e/o latte e derivati dalla dieta senza una diagnosi certa di patologia
  • non utilizzare internet per diagnosi e terapia. Il web, i social network ed i mass media hanno un compito informativo e divulgativo: pertanto, non possono in alcun modo sostituire la competenza e la responsabilità del medico nella diagnosi e nella prescrizione medica.

In caso di dubbi sulla propria condizione od intolleranze diagnosticate contattami per qualunque chiarimento o per l’elaborazione del tuo piano alimentare personalizzato: il supporto professionale è fondamentale nella gestione della dieta di esclusione, che non può e non deve basarsi sulla mera eliminazione degli alimenti.

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